Promising Young Woman è attiguo al rape & revenge, genere con cui è peraltro strettamente imparentato nell’impianto narrativo, ma dal quale si affranca presto per trattare in ogni sua declinazione la cosiddetta rape culture e la profondità con la quale è radicata nella società. Non è un caso se la scena di violenza non venga mai mostrata: il punto è far emergere il sistema che la rende possibile, e da qui entrare nella psicologia e nell’animo della protagonista per capire cosa l’abbia spinta a immolare la sua esistenza al dare una lezione a tutti quegli uomini che sono consapevoli e deresponsabilizzati prodotti della cultura dello stupro.

Cassie ha trent’anni e vive apparentemente alla giornata da quando ha lasciato gli studi di medicina. Negli anni dell’università è rimasta segnata dal suicidio della sua migliore amica Nina, vittima di una violenza che era stata scoraggiata a denunciare. Il dolore sordo, solitario e impotente, alimentato dalla rabbia nel vedere tutti i responsabili – diretti e indiretti – andare avanti con le proprie vite impunemente, diventa il motore per dedicare la sua vita a una missione riparatrice e vendicativa.

Cassandra cerca dunque non solo di rintracciare tutti i responsabili della violenza dell’amica, ma anche di regalare una notte da incubo a tutti i maschi che riesce ad adescare dando a intendere di essere completamente ubriaca. Il piano è sempre lo stesso: fingersi prossima al perdere i sensi, seguire fin dentro casa il bravo ragazzo di turno che immancabilmente si offre di aiutarla, salvo poi tentare di abusare di lei mentre è semi incosciente. È a questo punto che Cassie si mostra in tutta la sua lucidità e li mette di fronte alla realtà dei fatti, mostrando loro quanto siano degli squallidi e vili predatori. 

promising young woman

L’empatia del pubblico non viene dunque sollecitata, come avviene nei rape & revenge, mostrando lo stupro in modo da poter accordare un salvacondotto alla risposta altrettanto violenta della protagonista, anche se a quel punto liberatoria e meritata. Quello a cui è interessata Emerald Fennell Killing Eve 2), che scrive e dirige, è mettere sotto i riflettori la tossicità di una cultura patriarcale che opprime soprattutto le donne. Il boys will be boys è rape culture, così come lo è ritenere la donna unica responsabile della propria incolumità, così come lo è aspettarsi che le donne si autocensurino e si autolimitino in ogni aspetto della loro vita, così come lo è il catcalling che oggettifica la donna dequalificandola a eye candy ambulante, e così come lo è valutare il trauma, il dolore e la sofferenza, inflitta a una donna, di poca o nessuna rilevanza in opposizione al buon nome di una controparte maschile. Perché non importa quanto promettente possa essere il futuro di una giovane donna, sarà sempre carta straccia in confronto a quello di un giovane uomo.

Ma rape culture è anche l’assunto secondo il quale le “donne maturano prima”. Non è così, semplicemente le donne sanno – o imparano presto – che a loro non verrà mai condonato nulla, dovranno essere sempre lige e responsabili là dove i ragazzi vengono incoraggiati a fare esperienza, divertirsi, godersi l’età dei colpi di testa e della goliardia perché – per loro, e solo per loro – c’è tutto il tempo di maturare poi. Abbiamo quindi due universi che devono coesistere sullo stesso piano esistenziale, e la fantascienza ci insegna che questo non è possibile, pena la caduta a pezzi di uno dei due mondi che necessariamente deve soccombere all’altro. Va da sé che è l’universo femminile ad andare in frantumi, schiacciato da quello maschile.

Emblematico in tal senso il confronto tra Cassie e la preside che a suo tempo non diede credito alla storia di Nina. L’atteggiamento della donna è spiccatamente garantista nei confronti dei ragazzi finché non si allarma all’idea che sua figlia, in quello stesso momento, possa essere sola con alcuni studenti del campus. La preoccupazione tradisce immediatamente il fatto che la preside sappia perfettamente quanto i maschi, cresciuti in un determinato ambiente, possano essere pericolosi per qualsiasi ragazza. 

Fennell per Promising Young Woman sceglie una palette di colori pastello che pare mutuata dalle cupcake, guarnite con coloratissimi sprinkle, per mettere a contrasto il buco nero di disperazione che sta risucchiando Cassie. Funziona quasi tutto, Carey Mulligan è straordinaria, la storia evita ogni tipo di gratuità o exploitation del dolore e della violenza che viene mostrata in tutta la sua trasversalità. La rape culture è intessuta nella trama della società e le donne, spesso, non solo non fanno eccezione, ma in qualche modo la perpetuano finché sono nella posizione di trarne vantaggio assecondando il potere maschile.

Purtroppo il film, per quanto possa prenderlo come una sorta di esercizio di fantasia, ha il grosso limite di partire da un’idea che trovo eufemisticamente ingenua. Il piano di Cassie è irrealistico e pericoloso, nessun predatore sarebbe mai messo nell’angolo da una ramanzina inaspettata: la protagonista ha semplicemente rischiato ogni volta un vero stupro, se non la vita. 

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Nota assolutamente personale e SPOILEROSA: il finale nega una vera vittoria a Cassie che ottiene giustizia per l’amica, ma a costo della sua vita, e anche qui con un piano in cui poteva andare male qualsiasi cosa da un momento all’altro. La morte di Cassie sembra a questo punto un pegno dovuto a una sorta di idea moraleggiante: il trionfo totale e liberatorio va negato se questo non viene perseguito in modo socialmente accettabile.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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